Una moda non vede la luce nottetempo. Gli stilisti prima “metabolizzano” e poi danno sostanza a quanto aleggia all’orizzonte, certi (altrimenti non si scomoderebbero) che la loro visione risponda ai desideri e alle esigenze di una variegata, esigente e spesso capricciosa clientela. Stabilita la tendenza, ciascun sarto personalizza la collezione per lasciare distinguersi dai competitor. Ora, immaginate che le regole del fine fashion migrino nell’universo del fine dining e che “mise” faccia rima con “report”.
Leggendo i trend gastronomici dei più accreditati istituti di ricerca, verrebbe quasi da pensare che anche qui ci siano dei comuni denominatori e che ogni analisi contenga anche uno o più trend inaspettati od originali al limite del sorprendente. Per distinguersi dagli altri e poter un giorno dire “noi l’avevamo predetto”? A voi l’ardua sentenza. Intanto noi abbiamo letto (e incrociato) i dati di una decina di documenti (molti li trovate qui), fatto due chiacchiere con Micheal Whiteman, presidente della Baum+Whiteman, ed eccovi servito il 2017 secondo quattro maxi linee guida.
GREEN POWER: L’ANNO DI JACKFRUIT, ALGHE, CLOROFILLA & C.
“Che sia “potere alle piante” o “veggie power”, poco importa perché tutti concordano: il 2017 sarà oltremolto “green”.
Chiedetelo a quelli di Mintels o di Baum+Whiteman, ad esempio, secondo cui l’anno nuovo vedrà non solo una mai vista consacrazione dell’universo vegetale, ma le stesse proteine animali riceveranno una decisa spallata. Per Micheal Whiteman infatti “le verdure sono diventate sexy. Il colpo di fulmine, tuttavia, non è scoccato nottetempo, anzi. È piuttosto il punto d’arrivo di una tendenza che si è andata via via definendo nell’ultima decade”. E succede allora che chef di grido si ingegnino con capolavori veggie come lo shiitake “cacio e pepe” con fagiolini e polenta cremosa o il tagliere di carota affumicata, pâté di funghi, chorizo di barbabietola, formaggio sottosale e composta di fichi, rispettivamente scovati nei menu del Nix e del Ladybird, entrambi di New York.
Che la tendenza sia fortemente in atto è confermato anche dalla consacrazione di un particolare frutto asiatico: da tempo dietro le quinte, si è ora alzato il sipario per il jackfruit – o giaco o jaca o català che dir si voglia – non solo perché versatile e buono, ma anche e soprattutto perché pare sia un formidabile sostituto della carne, in termini di consistenza e gusto (se cucinato con gli intingoli giusti). I trend observers di MarketWatch, ad esempio, si sono spinti a incoronarlo re indiscusso dei sostituti delle proteine animali. Enorme al limite dell’incredibile (stando a un recente reportage di National Geographic può superare i 45 kg!), perché possa prenderne il posto, deve essere cucinato acerbo, mentre maturo è dolce ed è ottimo al naturale nelle macedonie e nei dessert.
La conferma che l’onda verde cresce al limite dell’inarrestabile arriva anche dai risultati di altre ricerche. Secondo The Fiscal Times, l’ascesa del “veggie” lo vediamo nei menu dei ristoranti che via via aumentano sempre più le proposte vegetariane e vegane, così come nei social: sulla piattaforma di Pinterest, ad esempio, le ricerche di e intorno a “veggie comfort food” hanno messo a segno, nel solo 2016, un bel +336%. E che dire dell’anima stessa del mondo vegetale? Aspettiamoci un 2017 a alla clorofilla! Disintossicante – da tempo si fa un gran parlare del brodo di clorofilla che, se bevuto prima dei pasti, pare sia un formidabile detox – c’è già chi lo mescola a minestre e yogurt o ne sfrutta il fascino cromatico per preparazioni haute come la tartare con uovo alla milanese su letto di clorofilla di cavolo nero. Ma, a proposito di cavolo nero: pare stia per perdere il primato dopo anni di gloriose performance. A rubargli la scena, le alghe. “Il cavolo nero è in declino – spiega Micheal Whiteman – Perché? È subentrata la noia e forse non ne eravamo poi così entusiasti. Le alghe ad esempio potrebbero essere una risposta non solo creativa ma anche nutrizionale, avendo svariati plus salutistici”. Ad andare forte sarà anche la moringa (o albero del rafano), dalle cui foglie si ricava una polvere che, insieme alle alghe, è già stata incoronata superfood del 2017 (e pare sia pure afrodisiaco).
FUSION… IL GRANDE RITORNO. E POI, ETNICO PER TUTTI I GUSTI
Fusion indiano, asiatico, cinese e, fra gli attesissimi protagonisti del 2017, “nikkei” nel senso di Giappone e Perù nello stesso menu. Poi hummus, falafel e shawarma. E tanta, tantissima cucina coreana se è vero che quest’anno vedremo la definitiva consacrazione delle bowls, dove però vien da chiedersi chi fra bibimbap, ceviche e poke sarà il best perfomer.
E poi ancora, panini e tramezzini etnici in un’infinità di varianti (bánh mì vietnamiti, tortas e cemitas messicani, cubanos…), così come burritos “globali” o rolls di aragosta. Potremmo andare avanti all’infinito, tante sono le sfaccettature dell’etnico ed etnic-fusion in tutte le salse immaginabili e possibili. Già, il fusion… se pensavate che fosse inesorabilmente tramontato negli anni Novanta, ricredetevi. “Cadde in disgrazia perché i più avevano la tendenza a ridicolizzarlo, chiamandolo ad esempio ‘confusion cuisine’. Eppure, aveva e ha ancora molto da dire, soprattutto perché oggi i consumatori sono alla costante ricerca di un che di nuovo e inaspettato per dare un quid ai loro piatti tradizionali”, spiega Whiteman. Che aggiunge “oggi sarebbe però più corretto parlare di ‘world cuisine’ piuttosto che di ‘fusion’, perché è un trend in cui a ben vedere non vi è nulla di autenticamente etnico. Le regole sono infatti le non-regole e proprio seguendo questa filosofia molti chef s’inventano modi sempre più creativi di abbinare fra loro ingredienti di diversa provenienza e cultura. E i consumatori si accorgono così di avere a che fare con qualcosa di totalmente nuovo”.
LA RISTORAZIONE SARÀ SEMPRE PIÙ VIRTUALE? SÌ. E TECNOLOGICA
Ristoranti senza coperti. E coperti senza ristoranti. E poi kit e droni. Gli istituti (fra cui Baum+Whiteman, The Fiscal Times e Sterling-Rice Group) concordano: dopo l’“uberizzazione” delle consegne a domicilio (Amazon, Postmets, Google, la stessa Uber…), il 2017 vedrà la consacrazione della ristorazione virtuale a più livelli.
A crederci è anche la Silicon Valley, che nell’e-food business sta puntando cifre da capogiro. Insomma, la ristorazione come l’abbiamo sempre conosciuta e apprezzata non sparirà ma si arricchirà di nuovi format, via app e non: dai ristoranti senza coperti e viceversa (attrezzatissime cucine professionali o semplicemente chef fra le mura di casa loro che preparano e spediscono i pasti direttamente a casa vostra o in ufficio) agli home restaurant (l’AirB&B della ristorazione insomma), dal Cook+Connect (letteralmente, cucina e connettiti, socializzando) ai kit (per replicare i piatti stellati a casa) e ai droni, sui quali stanno scommettendo realtà di spicco targati Usa (Google-Chipotle) Nuova Zelanda (Domino’s Pizza) e Gran Bretagna (Amazon). “Siamo convinti che, a livello globale, il trend delle consegne a domicilio andrà sempre più forte: la londinese Deliveroo and esempio ha recentemente inaugurato una filiale a Singapore – afferma ancora Whiteman – Aspettiamoci grandi performance anche dalla ristorazione fast-casual (con tutti i pro e i contro del caso, come si legge ampiamente nel report Baum+Whiteman, ndr) così come dalla tecnologia, compreso il 3D food printing“.
E PER “DESSERT”? TUTTO… CON UN PO’ DI TUTTO!
Avete già avuto il piacere di tuffarvi anima e corpo in un freakshake? Il frappè come nessuno mai avrebbe potuto immaginarselo sarà, secondo molti istituti, un bestseller. La moda, partita dall’Australia, approdata con furore in Gran Bretagna e poi sbarcata negli Usa, va decisamente oltre il mélange di latte e gelato che ben conosciamo, perché al frappè standard vengono poi aggiunte, come “guarnizione”, quantità demenziali (!) di gelato, panna montata, torta, biscotti, finanche doughnuts, gelatine e gommose, M&M’s, salse (caramello, cioccolato, caffè…), burro d’arachidi, sciroppi, granelle, codette di zucchero. Quando si dice sogno proibito di qualsivoglia bambino. E adulto con coronarie di ferro!
Anche i gelati nel frattempo si sono adeguati: a Londra, al Milk Train di Covent Garden l’ultima in fatto di mashcream (passateci il termine) prevede che il cono gelato venga poi avviluppato da una nuvola di zucchero filato. Per Baum+Whiteman l’idea diventerà virale e ci conquisterà, soprattutto se sarà rispettata l’idea che ha dato il “la” al trend: lo zucchero filato serve infatti per controbilanciare l’amarognolo dei gelati alternativi, come quello al tè verde giapponese (matcha o, nella sua versione affumicata, hojicha). A questo proposito, essendo “salutismo” un’altra parola chiave per il 2017, sarà anche l’anno dei gelati e dei ghiaccioli alternativi: targati avocado, gazpacho, peperone, patata dolce, mais, barbabietola più caprino… Gli istituti (e qui figura anche Sensory Effects) infine ci dicono anche che un trend in forte ascesa è il gelato stile Thai. Cos’ha di speciale? Dimenticate il cono, abbracciate l’idea della coppetta in cui il gelato è… ridotto a un sottile strato congelato. In pratica, il gelataio spalma una preparazione liquida al gusto di (scegliete voi) su una piastra congelata (-23°C) e poi, grazie a un abile lavoro di spatola, la riduce a uno strato sottile e malleabile come una crêpe e quindi realizza dei rotoli che dispone verticalmente nella coppetta. Salse o sciroppi, frutta, granella di nocciole, pistacchi, noccioline, cocco, codette di zucchero & C. completano a piacere… Sarà moda? Secondo Forbes e Paste Monthly sì: l’idea, popolare in Thailandia, Malesia, Cambogia e Filippine anche come street food, ha attraversato i mari e velocemente conquistato il continente americano da Montreal a Los Angeles, passando da Boston, New York, Chicago, Philadelphia. Pronti a scommettere che l’Europa non starà a guardare?
http://www.finedininglovers.it/blog/news-tendenze/food-trends-2017-5978/